Secondo la leggenda di questa terra il primo di questi coltelli lo fece un fabbro innamorato.
Era un pover’uomo che cercava moglie, ma nessuna ragazza del paese lo voleva, perché era un fabbro: i fabbri avevano discendenti diretti di quelli che avevano fatto i chiodi per crocifiggere nostro signore, e li avevano maledetti in eterno.
Finalmente quell’uomo incontrò quella ragazza che gli disse di si, perché non aveva ne padre ne madre ne fratelli era sfortunata e tutti la sfuggivano per superstizione, anche se era bella e buona. Così decisero di sposarsi, ma a questo punto gli sbirri del feudatario vennero a ricordare che, secondo l’usanza, la sposa avrebbe dovuto andare a passere la prima notte a castello “ius primae noctis”.
Fu allora che il fabbro, disperato, batté la lama di quel coltello sottile e micidiale; e la ragazza lo nascose fra le pieghe del costume, e quella sera difese l’onore suo sbudellando il signorotto che si trascinò per la strada e andò a morire sotto un arco che ancora oggi si chiama il Cavalcavia del Riscatto.
Storia e racconti
Si hanno notizie di questo coltello dal 1600 con caratteristiche un pò diverse, erano sprovviste di molla ed avevano un’apertura a due ribattini cioè uno fungeva da perno di rotazione della lama e l altro da ferma lama , ma sono simili nella linea e nelle decorazioni ai successivi. Così intorno al 1750 sul dorso venne incassata la molla e da qui prese il nome Balestra. Una nota pubblica risale al 1811, ed è la statistica Murattiana, dove recita: “travagliavano ad Avigliano dè coltelli ornati di ottone e argento de quali si fa commercio nelle fiere…Vi sono armieri i quali montano archibugi con esattezza di lavoro”. Il significato dei tre scrocchi venuto fuori negli anni, considerando che ogni aviglianese portava con se la balestra come strumento di difesa, nella vita sociale del paese, dove vi erano fidanzamenti in corso, malintesi nelle osterie, e quant’altro. Il Primo scrocco significava ho il coltello, sono armato, il secondo ti sfido, il terzo duello dichiarato.
Il duello veniva svolto secondo le regole della scuola schermistica spagnola, mantello o giacca a difesa su un braccio e pugnale nell’altro.
In sintesi due racconti
1. Alle porte di Potenza vi era una taverna dove si fermavano tutti i contadini che venivano dalle campagne o che vi tornavano, e quelli della città li prendevano in giro. Quando una sera vi passò un certo Vito che veniva anch’egli dalla campagna, era di Avigliano, un uomo serio che si faceva i fatti suoi e non dava fastidio a nessuno. Ma gli altri ubriachi lo prendevano in giro ed andavano in cerca di guai. Cominciarono ad offenderlo che doveva comprarsi un capano nuoco ” giacca” poichè quella che aveva appoggiato sulla sedia faceva schifo. Lui zitto. E quelli continuavano a provocarlo. Lui continuava a mangiarsi la frittata con le cipolle. Ad un certo punto uno di quelli prese la giacca e sghignazzando la sventola dicendo che era piena di pulci e la buttò per terra e iniziò a saltarci sopra. Allora Vito si alza e anche gli altri stringendosi intorno, l’ostre grida: ” statevi attenti quello è di Avigliano non scherza” troppo tardi, Vito sapeva che l’ avrebbero massacrato ma quando fece scattare la balestra è cambiato di colpo sembrava che sentisse ancora l’odore del sangue, fu una questioni di attimi, fu una cosa terribile, se ne salvarono pochi.
2. Uno dei modi per vedere la fidanzata era la domenica mattina un’occhiata sul Sagrato della Chiesa, l’altra era la serenata sotto la finestra. Durante la serenata il promesso sposo si portava con se degli amici fidati, il loro compito di sentinella era di chiudere tutte le strade che portavano alla casa dell’amata. Ma una sera ci fu un ufficiale che doveva rientrare in caserma, gli amici di disserro che non poteva passare doveva tornare indietro e andarsene, il cosiddetto “vota vota”. L’ufficiale che era del nord non sapeva niente, pensava che erano ubriachi in vena di prepotenza e si avviò, per fortuna un amico dell’ufficiale, aveva sentito la serenata e intuito il pericolo gli gridò di fermarsi perchè l’avrebbero ammazzato sul serio, si fermò e restò fino all’alba.
Alcuni frammenti sono stati raccontati personalmente da mio nonno Claps Michele nato ad Avigliano nel 1911, morto a Potenza nel 2006.